[Lettere al blog] Per lavorare per la Giustizia Italiana ci ho rimesso e basta

In seguito alla pubblicazione della petizione su change.org che chiede il giusto riconoscimento di traduttori ed interpreti, in particolare nel mondo della giustizia, mi è giunta questa e-mail, che ritengo emblematica del trattamento di professionisti da parte delle autorità italiane.

Ciao Andrea,
Sono un’interprete e traduttrice professionista, che ha deciso di scrivere questa lettera perché credo sia giusto far sapere le condizioni in cui brancola, da anni, la mia categoria. La mia infatti, pur essendo una professione molto richiesta e soprattutto molto utile, non ha alcun albo professionale né leggi che la tutelino dagli sfruttamenti o dai tanti non professionisti che si mettono in gioco senza averne la qualifica, facendo crollare le tariffe al ribasso e offrendo servizi scadenti. Ciò ovviamente genera un danno non solo a noi professionisti, ma anche ai clienti. La ciliegina sulla torta, è stato un episodio che mi é appena capitato relativamente a una mia collaborazione come traduttrice per il tribunale di una importante città del Veneto. Tuttavia, per facilitare la comprensione del contesto in cui operiamo noi traduttori, voglio prima descriverlo brevemente. Perché la situazione è tutt’altro che rosea, soprattutto per chi ha studiato anni per acquisire competenze tanto difficili quanto non protette.
Infatti non avendo un albo di categoria, chiunque si può candidare come interprete o traduttore (tant’è che lo stesso Corriere classificò tempo fa la professione come un “lavoretto per arrotondare”) e spesso i clienti o le agenzie non si preoccupano nemmeno di valutarne le competenze.
Quando invece si cerca di assumere qualcuno di competente, ecco che il più delle volte non viene richiesto di verificarne le effettive abilità, ma un requisito molto gettonato è quello di poter dimostrare almeno tot giornate lavorative di interpretazione. Ma com’è possibile iniziare, se nessuno ti prende se non hai già esperienza (perché ovviamente i due anni di cabina svolti durante il corso di studi non contano…)? Ecco che entra in gioco la trappola del lavoro non retribuito pur di fare esperienza, ora detto “volontariato”. Sono numerosi, infatti, gli eventi che ricercano interpreti/traduttori volontari. Il tutto viene presentato come un’ottima occasione per fare esperienza, tentazione allettante soprattutto per giovani studenti, spinti dalla voglia di arricchire il proprio curriculum. Si tratta, però, di vero e proprio lavoro gratuito. Vi sono invece diverse agenzie che, con la scusa di verificare le competenze del candidato, richiedono di eseguire la c.d. “prova di traduzione”, spesso utilizzata come esca per farsi fare un lavoro non retribuito e poi sparire, con la scusa che il candidato non è adatto.
Ovviamente chi non è professionista del settore accetta anche tariffe indecenti (perché magari lo fa a tempo perso o come secondo lavoro) e viene assunto non per i titoli, ma per la sua accondiscendenza. Ciò genera un circolo vizioso tale, che poi si è tutti costretti a lavorare a tariffe misere, nonché concorrenza sleale e un terribile dumping salariale. Non essendoci poi delle tariffe minime fissate legalmente, le agenzie giocano a ribasso, a scapito della qualità. A tal proposito va segnalato che soprattutto quando si tratta di gare d’appalto per servizi pubblici la corsa al ribasso si fa più spietata.
Ed è proprio un episodio nel settore pubblico, ad avermi spinta a scrivere. Lo scorso ottobre, infatti, sono stata chiamata dal tribunale per tradurre una sentenza dall’italiano all’inglese. Innanzitutto, ho spiegato che per un lavoro del genere avrei avuto bisogno di un revisore non essendo io madrelingua, ma la segreteria della cancelleria insisteva che non fosse necessario, sul punto di rifiutare il lavoro perché eticamente non me la sentivo di accettare, sono stata praticamente “convinta” dalla stessa dicendo che tanto loro vogliono solo che arrivi il senso del discorso, di madre lingua inglese comunque non ne conoscono ecc. Alla mia richiesta di informazioni sul compenso, mi é stato detto dalla segreteria Che avrei dovuto, a fine lavoro, segnare le vacazioni totali (1 vacazione = 2 ore di lavoro/ 1 vocazione = 14 euro…quindi 7 Euro all’ora!) e, in caso, cosa da lei consigliata visto il testo, chiedere il raddoppio per difficoltà. Già da qui si può capire che il sistema é piuttosto assurdo dato che si fatto al posto di accettare una proposta o presentare un preventivo, si é indotti ad accettare un lavoro senza saperne il compenso. Fiduciosa di quanto mi avesse detto, ho iniziato a collaborare con un collega, il quale mi ha fatto un preventivo, che ho fatto rientrare nelle vacazioni. Ho consegnato quindi puntualmente il testo segnando 30 vacazioni e chiedendone il raddoppio per difficoltà. L’altro giorno mi arriva la liquidazione concessami dal giudice: mi ha riconosciuto le 30 vacazioni per 250 euro (ovvero a molto meno dei 14 euro l’una garantitimi in sede di accettazione) e mi ha “concesso” un aumento FINO a 400 euro. Questo per me significa che non solo ho lavorato gratis, ma che anche ci dovrò rimettere! Il tutto ovviamente senza averlo saputo prima. Ho dunque subito contatta la cancelleria che mi aveva assegnato il lavoro per richiedere spiegazioni, che mi ha confessato fosse una cosa non rara e anche motivo di rifiuto del lavoro da parte di molti miei colleghi, mi ha dunque indirizzato verso una pratica per contestare la liquidazione (a quanto pare molto diffusa), che mi è costata altri 48 euro! Oltre il danno la beffa quindi! Io per altro sono stata anche “fortunata” perché non ho dovuto pagare per dare la mia disponibilità al Tribunale, cosa che avviene in altre città, dove è richiesto un totale di 336 euro, che per recuperarli a tali tariffe richiederebbero 50 ore di lavoro.
Per ora l’unica risposta che ho avuto dal tribunale sono la richiesta di un’integrazione di 76€ per la richiesta che ho fatto di giusta liquidazione. Per un totale di 124€ solo per chiedere che mi riconoscano quanto mi spetta. Nel frattempo ho dovuto pagare il revisore, quindi per ora solo spese, per aver lavorato per il servizio pubblico.
Spero che se ne parli, ma soprattutto che la situazione possa risolversi. Ma attenzione, i primi a dover cambiare le cose siamo noi, iniziando ad accettare solo ciò che è giusto.
Una traduttrice incazzata

By | 2018-01-20T16:37:08+00:00 gennaio 20th, 2018|traduzione|5 Comments

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5 Comments

  1. Ina 20 gennaio 2018 at 17:25 - Reply

    Cara collega, comprendo quanto da te lementato ed é con amara ironia che mi auguro che, fra le motivazioni del ricorso, tu non abbia riportato, ma ne dubito fortemente, l’ausilio ricevuto dal collega poiché, gli incarichi conferiti dal Tribunale o simili, sono strettamente personali e riservati eccetto i casi in cui, non sia lo stesso giudice a concedere al perito o CTU l’ausilio di un esperto, motivo che, cagionerebbe persino una penale a tuo carico! Non abbiamo un ordine professionale ma siamo soggetti, come tutti i professionisti, a un’etica deontologica e professionale. Purtroppo, come hai ben detto, oltre al danno, la beffa!
    Auspichiamo imminenti e favorevoli cambiamenti!

  2. Delia 20 gennaio 2018 at 17:51 - Reply

    Mi permetto di pubblicare, a titolo di commento, quanto ho pubblicato sulla mia bacheca Facebook oggi.
    Pubblico questa petizione ricevuta via change.org per solidarietà professionale. La collega che scrive evidentemente non sapeva – prima di accettare l’incarico – che è solo la prima vacazione (2 ore di lavoro) a valere 14 euro, mentre le successive valgono solo 8 euro (sempre per 2 ore di lavoro). Purtroppo, la situazione resta questa fintanto che il legislatore non interverrà modificando le norma che fissa i compensi di periti e consulenti tecnici d’ufficio (che risale, se non sbaglio, all’anno 2000, senza altri aggiornamenti) e/o introducendo qualche riconoscimento in più alla nostra bistrattata categoria. Un albo possiamo comunque scordarcelo: pare sia troppo complicato stabilire i termini di accesso per via del numero di lingue/combinazioni di lingue e di specializzazioni. Per i colleghi più giovani/principianti vale sempre il suggerimento di rifiutare “prove” o altre prestazioni gratuite richieste dalle agenzie: danneggiano soprattutto loro, i meno esperti. Suggerisco loro anche di consultare la norma europea sui servizi (EN 15038), fortemente voluta dalle agenzie, nella quale, fra l’altro, sono indicati anche i termini di ingaggio di un professionista (norma che le agenzie definiscono “a tutela della qualità ovvero del cliente”).

  3. Gabriella 20 gennaio 2018 at 18:08 - Reply

    Comprendo benissimo l’incazzatura della collega, la comprendo così bene che io stessa, pur essendo CTU per il tribunale della mia città, dopo 3 esperienze simili (o addirittura peggiori, dato che 2 su 3 lavori non mi sono stati per niente pagati) ho deciso di non rispondere più alle chiamate da parte loro.
    Non solo, come giustamente sottolinea la collega, non veniamo tutelati, ma addirittura sfruttati dato che, i 14€ che lei cita valgono solo per la prima vacazione, mentre dalla seconda in poi il costo è di circa 8€ (quindi 4€ l’ora, che neanche una collaboratrice domestica – con tutto il rispetto per le collaboratrici domestiche!). Veniamo chiamati a svolgere un lavoro delicato e difficile, ma assolutamente non ricosconosciuto come tale. Molto meglio, per esperienza personale, lavorare come traduttore giurato (per traduzioni di certificati, diplomi e altro) e avere a che fare con il cliente privato, facendo tu la tua tariffa.

  4. RITA 20 gennaio 2018 at 19:20 - Reply

    Sono madrelingua inglese, fui chiamata dal tribunale della mia città il 13 Agosto, 14 euro per tre ore in tribunale, poi anche da tradurre la sentenza del giudice, Altre richieste le ho rifiutate, mi è stato chiesto perché rifiutavo, ho semplicemente detto la verità, piuttosto vado a pulire le scale dei condomini. Questo fu la prima volta, anche l’ultima. Meglio lavorare per privati.

  5. Laura 22 gennaio 2018 at 10:55 - Reply

    Purtroppo questa è la situazione e se si legge la normativa, si vede quello che è possibile per il giudice. Alla fine è lui a decidere e infatti è sempre buona norma parlare prima con lui (se ci si riesce) prima di accettare un incarico. Si può giocare su complessità e urgenza ma alla fine prendere lavoro dal tribunale è prendere lavoro a scatola chiusa. Il fatto è che proprio la mancanza di considerazione da parte delle istituzioni pubbliche è la base della mancanza di considerazione di certi loschi figuri…. Che non definirei neanche agenzie….

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